Email ricevuta il giorno 05 febbraio 2009 da Anna P. per il sito: Auschwitz, galleria fotografica degli orrori
Ho visitato il tuo sito con le mie tre figlie: 21, 11, 10 anni.
Ho parlato con loro, ho risposto alle loro domande, ho mostrato loro le immagini, anche quelle più sconvolgenti, perché è giusto che vedano, che sappiano, che non dimentichino mai.
Al di là delle atrocità commesse, quello che turba di più è la fredda, meccanica sistematicità con cui milioni di esseri umani sono stati, come appropriatamente citato nel sito, non sterminati, ma letteralmente annullati: nel corpo, nello spirito, nella dignità.
Io non sono mai stata ad Auschwitz, ma sono stata a Mauthausen con i miei alunni, e al cimitero ebraico di Praga.
Mio zio, sardo, ufficiale della Guardia di Finanza, è stato deportato a Buchenwald, da dove non è mai ritornato. Mia zia l’ha aspettato per quarant’anni, fino a quando l’ha raggiunto nella morte.
Questi luoghi, queste persone grondano dolore, un dolore dignitoso e muto, che invece va urlato, testimoniato, ripetuto,perché arrivi a ferire il cuore di tutti, a lacerare le coscienze, a scuotere i sensi dei nostri giovani intorpiditi dall’alcool, dal fumo, dai videogames, perché il pericolo non è passato, il mostro non è mai stato ucciso, ma vive, vive non solo nel barbone bruciato per strada per noia o per gioco, ma anche nei nomignoli appioppati scherzosamente ai nostri studenti immigrati, nelle svastiche disegnate sui muri, nelle teste rasate di ragazzi talmente fragili e privi di ossatura morale da riuscire a sentirsi forti solo schiacciando i più deboli.
Lo vedo a scuola ogni giorno, serpeggia nell’aria il vuoto, il disagio, l’assenza di un ideale, e questo mi fa paura.
A quelli che pensano: ”Non potrà più succedere, perché le risorse mediatiche di cui disponiamo oggi non permetteranno di tenere nascosto un obbrobrio del genere” voglio rispondere: “Sì, può ancora succedere, perché parliamo di Unione Europea e pace fra i popoli, ma il nostro istinto è ancora orientato all’odio e alla sopraffazione, può ancora succedere perché il pregiudizio, lo stereotipo è ancora ben radicato nel giardino dell’ignoranza e si nutre con il concime dell’indifferenza.”
Alle mie figlie più piccole che mi hanno chiesto: “Mamma, potrebbe ancora succedere?”, ho risposto “Sì, se voi non farete nulla perché non succeda”.
A voi che non ci permettete di dimenticare, il mio grazie : continuate a gridare per quelli che sono nel vento, fatelo anche con la mia voce.